Articolo, 13 Febbraio 2007
L’idea chiave di questo incontro è la parola “riconciliazione”, intenzionalmente interrotta da quel trattino che chiede una sospensione della voce, ma anche una pausa di riflessione. Parlare della sola “conciliazione” è infatti più semplice, per certi versi più tranquillizzante; aziende, associazioni, politici, studiosi si interrogano sempre più frequentemente sul modo in cui rendere compatibili due ambiti di vita, due luoghi “gelosi”, che esigono il tempo delle persone solo per sé, escludendo l’altro. In tal modo l’uno vince e l’altro perde: se vuoi avere tempo familiare devi perdere qualcosa sul lavoro, se stai a lavoro devi dimenticare la famiglia. ... Risulta così evidente, tanto più in Italia, che sia necessario “conciliare” questi due ambiti, queste due esigenze, che sono entrambi spazi irrinunciabili della persona: il lavoro perché essenziale per garantire la dignità dell’autonomia economica, ma anche per l’identità sociale, per il ruolo, per l’autorealizzazione personale; la famiglia perché ambito primario di generazione di quelle relazioni di fiducia, reciprocità e dono insostituibili nel costruire, alimentare e proteggere la dignità e la libertà delle persone.