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Salute

Come il Samaritano

Com’è cambiata la domanda di sanità in Italia e quale l’indirizzo pastorale consegnato da papa Francesco. Si parte di qui per fare il punto sull’assistenza della Chiesa agli ammalati, nel convegno annuale promosso all’Ufficio Nazionale per la pastorale sanitaria, quest’anno nel 25° anniversario dell’istituzione della Giornata mondiale del malato, voluta da san Giovanni Paolo II. Oltre 250 persone da tutte le regioni (direttori degli Uffici e operatori della pastorale) si ritrovano a Bologna dall’8 al 10 maggio. Tema: “Come il Samaritano. Dall’intuizione di san Giovanni Paolo II alla pastorale della salute”.
«Sono 25 anni che san Giovanni Paolo II ci ha detto che prendersi cura dei malati significa prendersi cura della famiglia, degli operatori sanitari, degli ammalati che sono a casa, dei temi etici, della promozione della cultura della vita: insomma, di tutto il territorio» ha detto don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale della salute. «Un’attenzione che è stata sottolineata passando dalla dicitura “pastorale dei malati” a “pastorale della salute”. Ora vogliamo fare il punto della situazione, per capire come rispondere oggi. E per farlo dobbiamo capire come sono cambiate domanda e offerta sanitaria. Per esempio è evidente una disparità di accesso alle cure sul territorio nazionale che non può non interrogarci: al sud c’è una mancanza di strutture sanitarie non solo idonee ma talvolta necessarie per curare le persone malate».
Proprio su questo si è concentrato l’intervento di Silvio Brusaferro, ordinario di Igiene generale ed applicata all’Università degli studi di Udine. «L’aspetto più critico nel nostro Paese è la differenza tra le sue aree. Abbiamo delle punte d’eccellenza dove la qualità della risposta è ottima o quanto meno viene perseguita, mentre in altre aree questo è più difficile. Sono quindi gli anelli più deboli che vanno rinforzati». Secondo Brusaferro, un altro cambiamento evidente della sanità riguarda la popolazione, oggi sempre più vecchia: «e questo pone problemi in termini di salute, ma anche di reti capaci di supportare queste persone più fragili».
Attenzione particolare è stata data al tema della gestione economica delle strutture sanitarie, alla luce degli sprechi registrati negli anni, ma anche dei continui tagli, a volte solo lineari, cui è esposto il settore. «È un atto di amore prendersi cura della gestione economica della sanità, perché assicura che la struttura possa continuare ad operare negli anni» ha esordito suor Alessandra Smerilli, professoressa aggiunta di Economia politica all’Università Auxilium di Roma. «Gli obiettivi dell’efficienza e dell’efficacia devono però sempre stare insieme. Efficienza, nel senso che occorre non sprecare le risorse. Efficienza perché gli obiettivi devono essere raggiunti in modo giusto e in modo equo, per tutti. Non si deve cadere nell’ideologia dell’efficienza a tutti i costi. Nelle operazioni di razionalizzazione dei costi, come l’istituzione della centrale unica degli acquisti, si va nella direzione giusta nel momento in cui queste misure che aiutano a non sprecare lasciano la libertà a medici e operatori di fare le scelte che ritengono più giuste per i pazienti. Quando non c’è più libertà di scelta le persone si demotivano e i costi finiscono con l’alzarsi perché non vengono fatte le cose bene».
Il cardinale Francesco Montenegro, vescovo di Agrigento e presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e della salute, ha invece ripercorso i punti principali del discorso tenuto da papa Francesco il 10 febbraio, in occasione dell’udienza ai partecipanti all’incontro promosso dalla Commissione carità e salute della Cei. Nell’occasione Bergoglio parlò di «cultura dello spreco» che proprio nella sanità produce le sue più terribili conseguenze. E raccomandò di difendere sempre «l’inviolabile dignità dell’uomo dal momento del suo concepimento».

Michela Conficconi (da Avvenire del 9 maggio 2017)

09 Maggio 2017

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