“Nel contesto del vostro convegno su “L’Omelia tra celebrazione e ministerialità” mi piace iniziare richiamando un principio di ordine teologico-spirituale che presiede al servizio ministeriale della predicazione liturgica, ovvero che anche la presa di parola nella liturgia è espressione del comune stare sotto la Parola di Dio, «in religioso ascolto» di essa, come esordisce la Dei Verbum, proprio di tutta la Chiesa sempre; in primo luogo poiché anche l’omelia è trasmissione della Parola di Dio, e poi perché il primato rimane alla iniziativa di Dio che agisce con efficacia in essa e attraverso di essa. Pertanto è decisivo che l’omileta abbia coscienza di essere egli stesso un ascoltatore, anzi di essere il primo ascoltatore delle parole che pronuncia. Egli deve sapere innanzitutto, se non solamente, rivolta a sé quella parola che sta pronunciando per altri. E dico quasi solamente, poiché egli non può conoscere la relazione che Dio stabilisce attraverso la sua parola con gli ascoltatori, ma sa con certezza di dover rispondere, nella grazia di Dio, della accoglienza nella propria vita di quella parola che sta porgendo ad altri; questo, certo nella coralità ecclesiale di una accoglienza in cui ci si sostiene ed edifica a vicenda per la potenza dello Spirito che ha ispirato e continua ad ispirare la comunicazione della Parola di Dio e il suo ascolto credente. Accanto e prima, anzi dentro, la coscienziosa preparazione di una omelia c’è, nel ministro, innanzitutto l’esigenza di fondo di accogliere la Parola con la propria mente, con il proprio cuore e nella propria vita”
S.E. Mons. Mariano Crociata